Villa Romana Racconti

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Un paio di poesie, di pensieri in fuga, di cose che avevo dentro.
Questa è vecchissima, ero ragazzo, ero sul peschereccio di Bombetta (lo conoscete tutti, no?), con mio padre.

Quattro stelle
e la luna non sorge;
spruzzi di salsedine
e l'ansia di vedere
come sarà domani.

Questa invece è più nuova.

Scusami Viareggio
scusami se sono qua d'inverno.
Lo so che fa freddo
lo so che ti disturbo,
che disturbo quello che custodisci;
lo so che devi dormire
per dare emozioni forti
quando il sole picchierà:
Non so stare senza il tuo odore,
l'odore dell'erba, della terra
un vialetto calpestato
una piantina che cresce
le tue persiane troppo chiuse
i brividi della solitudine,
i fremiti di chi c'è ancora.
Io li vedo ancora...
tra le ortiche e i melograni,
e per questo sono qua,
scusami, te lo dovevo.


Ho trovato per la terza volta una monetina

Era settembre, dovevo ripristinare un pozzetto di una lampada in prossimità del cancello sulla vecchia Aurelia.  Scavo un po', fra l'altro consentendo al vecchissimo cancello di riaprirsi dopo che evidentemente con gli anni, le piogge e il non utilizzo non si apriva piu'. E vedo per la terza volta in due anni la solita monetina brunita dell'epoca fascista che salta fuori. Certo non puo' essere un caso. Chiedo a mia zia Luigia e vengo a sapere che mio zio Fausto quando il pomeriggio arrivava la gelataia Carola correva con i fratelli al cancello stringendo in pugno i centesimi per il gelato. Era piccolino, gli altri arrivavano veloci, pagavano, e quando toccava a lui apriva il pugno ma non c'era piu' nulla.......Nella corsa si apriva la manina e cadevano i soldini in terra. Poi scoppiava in un pianto irrefrenabile.  Ovviamente qualcuno provvedeva a fare giustizia e a alleviare quel pianto dirotto, ma le monetine erano perse. Mia zia (ma ora che ci penso ricordo che anche nonna e mamma dissero qualcosa.....ho un vago ricordo) sostiene che sono veramente tante le monete sparse per il giardino in quegli anni '30. Penso che abbia proprio ragione, visti i ritrovamenti da quando mi occupo un po' di più del giardino!. Zio Fausto, un bambino che non c'è piu' e che amava Viareggio come me.

L'Aurelia

Beh, parliamone dell'Aurelia, facciamolo questo siparietto tecnico. Con la Fiat 600 si impiegavano dalle 6 alle 7 ore facendo un viaggio tranquillo. Va bene la macchina non era il massimo, ma anche con una Giulietta o con un 1400 o qualunque macchina dell'epoca anche potente, non sarebbe cambiato nulla. La colpa era dell'Aurelia. Per quei pochi a cui possa interessare (i miei due o tre lettori come disse qualcuno che ora mi starà maledicendo...) appena usciti da Roma c'era il Motel Agip. Chilometro 8 dell'Aurelia. Ora è parte di Roma, ma allora ci si facevano le gite la domenica, ci si andava a pranzo fuori da quelle parti e mi ricordo che c'era una gabbia grande con due leopardi, attrazione per allora. Questo quadretto già la dice lunga mi sembra! La strada era strettissima. Ancora piu' stretta del pezzo che ancora rimane OGGI tra la fine dell'autostrada Roma-Civitavecchia e Tarquinia (che è MICIDIALE). Si attraversavano mille paesi, mille centri abitati strettissimi. A Civitavecchia dopo l'interminabile litorale romano si faceva la prima tappa! Al bar dell'Agip subito in centro. Chilometro 72. Oggi per andare a Civitavecchia  ci vogliono venti minuti.... Cornetto e cappuccino. Beh, si partiva presto, visto che il viaggio era lungo e che di notte non "usava" viaggiare. Vuoi perchè le macchine erano poco affidabili e se tic apitava un guaio di notte avevi chiuso, vuoi perchè non era "tradizione". Si diceva in giro che di notte si vedeva poco ed era pericoloso. In realtà erano molti pregiudizi quelli che "giravano".... Comunque dopo Civitavecchia c'era la tappa di Montalto dove è nato mio nonno e a cui hanno dedicato una via in centro. Chilometro 110. Poi l'ingresso in Toscana e Fonteblanda, poi Grosseto con seconda tappa al bar vicino la stazione. Chilometro 178. Poi c'era Venturina, una cittadina che non arrivava mai. Ma c'è un motivo! Nelle pietre miliari di marmoche allora si leggevano bene c'era il numero del chilometro e la distanza dalla cittadina successiva. Da Grosseto a Venturina ci sono 66 chilometri. E niente in mezzo sulle pietre. Per cui cominciare a leggere 66,65,64,63...non passava mai. Di solito ogni venti chilometri c'era un riferimento. Lì no! Dopo Venturina c'era l'ultima tappa a Cecina al bar in centro. Chilometro 280. Poi si "saltava" Livorno perchè si preferiva passare per Collesalvetti. Si attraversava tutta Pisa e quando si arrivava a Migliarino si cominciava a dire di avercela finalmente fatta!  Ricordo che quando di incontrava una macchina targata Roma ci si salutava a cenni e a colpi di clacson! Ricordo che c'erano almeno moltissimi passaggi a livello. S. Giuseppe tra Grosseto e Follonica. Grosseto subito fuori città, e ancora dopo Grosseto, vicino Montemassi, Torre del Lago vicino a casa. Erano sempre chiusi! E poco sicuri. File interminabili. I sorpassi erano improponibili. Guasti ai motori per fortuna ne ricordo pochi, ma solo perchè prima di partire era d'obbligo un assoluto controllo totale con revisione della macchina! Allora si viaggiava col portabagagli sul tetto causa la famiglia e l'assoluta mancanza di spazio nella seicento! Andavamo tre mesi fuori e il baule spedito via corriere non era evidentemente sufficiente! Il bagaglio era coperto dal classico telo mimetico e legato al portabagagli (che non si chiamava pancora portapacchi!) coi "ragni": pericolosissimi strumenti elastici che potevano cavare un occhio con la massima facilità. Ecco, una volta, si schiantarono i ragni e dopo Grosseto volò via tutto. Il recupero durò un'ora e mezzo. Si aprirono le valigie, si sparse tutto nei campi...non vi dico la scena.... 217, il chilometro, ancora me lo ricordo. Piano piano negli anni cominciarono a fare delle varianti, ad allargare la strada. Ora è un paradiso rispetto a prima e la parte piu' stretta che rimane oggi, (vicino Tarquinia), ci fosse stata allora, sarebbe stata un'autostrada! 

Natale a Viareggio

Ho già detto più volte che per tanti e tanti anni in passato a ottobre si chiudeva casa e si riapriva a giugno. Come nel tentativo di imprigionare l'estate e non farla fuggire mai.  Era principalmente una ragione di traffico e di viaggio impegnativo verso Villa Romana da Roma. Presto ve la racconto l'Aurelia, promesso. Ma c'erano anche ragioni di "clima", visto che la casa disponeva solo di un camino centrale, quello che c'è ancora. Vivere qualche giorno in una casa fredda e umida con le mura gelate non è proprio il massimo! Un anno (quando erano ed eravamo tutti piu' giovani) si decise l'impresa. In realtà non sapevamo bene a cosa si andasse incontro. E vi dico che al ritorno da quella sortita si prese seriamente in considerazione l'idea di un riscaldamento centralizzato. Fu terribile, al ritorno tutti ammalati a letto! Fu una cosa memorabile. La sera per andare a dormire, anzichè spogliarsi, come si fa di solito, ci si vestiva. Con tanto di scarpe di lana e berretto.....tipo cipolle multistrato. Il camino funzionava anche di notte e io una di quelle notti magiche preferii dormire su una sedia davanti al camino piuttosto che nel frigo del letto. Vi dico solo che il frigo era spento, tanto era inutile tenerlo acceso a 4 gradi in casa. Addobbammo un alberello del giardino, mettemmo dei festoni e cuocemmo le ultime castagne alla brace. La mattina di Natale i regali congelati vennero distribuiti frettolosamente. Ho un vago ricordo dell'ultimo 45 giri di Mina appena uscito e regalato a mia Zia. Era  "E se domani"! Qualcuno a letto aveva una termocoperta ma si trattava di mia nonna che già allora era anziana e ovviamente andava bene cosi'. Ci prese di sorpresa, non ci eravamo organizzati. Al massimo giravano le borse calde! Ma nessuno aveva la piu' pallida idea di quello che sarebbe stato. Si ruppe anche la televisione per il gran freddo (saltarono alcune valvole) e in quei pochi giorni tra Natale e Capodanno ando' via una tonnellata di legna. Chi conosce casa sa bene che non sarebbe possibile viverci senza termosifoni. Non che Viareggio sia particolarmente fredda, ma Villa Romana è molto umida e in mezzo al verde. Poi a fine dicembre beccammo un periodo particolarmente pungente e .... ti saluto! Ora si continua ad andare, ma i tempi pionieristici sono finiti. Si sta bene! Come al solito la nube rosa del ricordo fa apparire tutto il passato bellissimo. Ma vi assicuro che di bello c'era solo la gioventu' e l'atmosfera! Ero un bambino e avevo caldo "dentro". Protetto. Davvero non credevo mai che certe cose avessero una fine......

Le Partenze.

Cosa sono le partenze? Una cosa attualissima eppure anche distante nel tempo. La nostra famiglia si spostava ogni anno verso i primi di giugno da Roma a Viareggio e vi "soggiornava" fino al ponte di Ognissanti di novembre. All'inizio della scuola io e mia sorella "dovevamo" tornare a Roma. Senza macchina, senza patente, ogni anno venivamo presi e imbarcati in qualche macchina guidata da qualche amico di famiglia volenteroso e raggiungevamo i nostri genitori a Roma. Ogni anno le solite tragedie. Nonna rimaneva qua e Villa Romana ancora viveva. Quegli ultimi di settembre io li gustavo appena. Se una stagione era precoce, partivo con il sapore delle prime castagne arrostite al caminetto che era l'unica fonte di riscaldamento. La sera era freddino a fine settembre e si cominciavano ad abbandonare i pantaloni corti. Io quell'allegria del caminetto acceso dopo il solleone di agosto con nonna, Pina e zio Achille a godersi Viareggio per un altro mese e più, l'ho sempre desiderata tanto. La vecchia TV del 1954 (comperata quando nacqui io), mandava Giochi senza frontiere e poi il telegiornale ma io ero davanti al camino a ravvivare il fuoco, appena nominato da Pina "fuochista in seconda". Le partite a canasta con i relativi imbrogli e quell'aria frizzantina che mi godevo col mio vecchissimo Boxer facendoci interminabili passeggiate, mi entrava ogni anno di più nel sangue. E mi riproponevo, una volta all'Università, di trattenermi con loro. Avrei sicuramente studiato volentieri a Viareggio, tanto....non ho mai frequentato una lezione (mamma non ti arrabbiare, ovunque tu sia)! E poi con la patente, finalmente la 500 l'avrei guidata io! Insomma cominciavo a piangere la sera prima della partenza, da solo nel letto. Pensavo ai golf, ai calzettoni di lana, alla sveglia della mattina presto, e non mi passava più. La mattina dopo le tragedie. Lacrime come fontane. E i miei, sicuramente un pochino divertiti dal giochino, si divertivano a provocare queste alluvioni salate. Frasi come "ma non resti con nonna?", "perchè te ne vai, stavamo tanto bene..?", "che peccato è finita così presto", ancora me le ricordo. Che peccato! Allora poi non era come ora che si poteva con tre ore o poco più coprire la distanza, allora ce ne volevano sei o sette di strada bruttissima. L'Aurelia era strettissima e per darvi un'idea di cosa fosse questo viaggio negli anni sessanta e anche settanta, vi dico soltanto che mia madre in un suo viaggio di ritorno a Roma, mi spedi' delle cartoline da Cecina, Fonteblanda e Civitavecchia. Sì, perchè allora si facevano le tappe. Andare oltre i 70 all'ora era un'avventura e il viaggio era veramente pericoloso. Sorpassare era veramente impossibile. Il viaggio si faceva una volta l'anno e quando la casa si chiudeva, si chiudeva e basta. Il conto per la prossima estate ripartiva da 356 giorni. Curioso: quanti i chilometri da Roma a Viareggio. E difatti durante l'anno io percorrevo una mia Aurelia tutta immaginaria durante l'anno contando i giorni che mi mancavano all'estate.
Venne la macchina e rimasi. Vennero le ragazze, ne voglio ricordare una per tutte, Emanuela. Tutto passava. Tutto diventava sempre meglio. Tutto migliorava. Crescevo, credevo di avere il mondo in mano. Ma le lacrime non sparirono. Al massimo diventarono occhi lucidi. E quella sensazione rimaneva, quel nodo in gola restava. Partire è un po' morire si dice. Beh, per me era anche peggio. Si comincia a capire il linguaggio del cuore, si cominciano ad apprezzare le cene fuori con gli amici, le comitive d'estate e tutto quanto si andava a seppellire con una stupidissima partenza. E non se ne capiva il motivo. Sì perchè tanto a novembre era lo stesso. Va bene che si partiva tutti ma la casa soffriva a rimanere buia. Poi vennero le gite in Francia, le Cacce al Tesoro, Radio Babilonia le partite a calcetto, i cavalli di Max, la laurea e lo sprofondamento dei quattro mesi a uno soltanto, a causa del lavoro. Questi quattro mesi, erano fra i miei amici romani diventati una leggenda. Mi vedevano solo il giorno dell'esame, salutavo tutti e ripartivo col programma e i nuovi libri di testo del nuovo esame da studiare. Alcuni dicevano che facevo "la transumanza" e mi prendevano in giro bonariamente. Certo il periodo meraviglioso si era allungato. Certo. Ma la partenza era sempre quella. Una tragedia. Si partiva da Roma per Viareggio con lo stereo a palla, ridendo, senza fiato con la prospettiva di giorni fantastici e si tornava sempre con gli occhi lucidi.
Poi quello che sembrava eterno con trentacinque estati di assoluta felicità ininterrotta o quasi, finì da oggi al domani. Uno dietro l'altro i protagonisti della mia infanzia, giovinezza e anche maturità, se ne sono andati. Sono sicuro che anche loro provassero in gioventù quello che ho provato io. Ed è per questo, per loro, perchè io qua li sento più vivi che mai, che solo per un anno Viareggio non mi ha visto: il 1988. Quell'anno non venne nessuno. In quell'anno e nei successivi, la casa si è svuotata ed è solo grazie a mia zia Luigia, mia sorella e mia moglie che si è ricostruito qualcosa con le nostre nuove famiglie. Ovviamente con lo stampino e il marchio di fabbrica del fascino di Villa Romana e di Viareggio. Ora, se posso, ogni tanto qualche giorno lo rubo al lavoro, e il mese piano piano diventa un mese e un po'. Durante l'anno, uso la mia laurea in Ingegneria, del resto adattissima per questo scopo edile, per costruire dei meravigliosi ponti tra i giorni feriali, e piombare così a Villa Romana. Con questi viaggi continui cerco di esorcizzare il rituale della partenza, ma ogni volta è come se mi si strappasse qualcosa dentro, tanto lo sento forte. Sarà che mi da fastidio pensare che una casa illuminata e allegra, possa trovarsi fredda e deserta la sera dopo. Sarà la sindrome di Peter Pan, sarà quello che volete voi, sarà che per me qua è stato tutto solo e sempre bello.....ma certo, Peter Pan, ci mancava solo quello, e magari anche Capitan Uncino. Ma per me il fascino di una stagione che comincia col profumo delle albicocche, delle susine delle pesche, e prosegue con i massacri nei rovi per le more, con le corse sulla ferrovia per i fichi, per concludersi con le gite in Garfagnana per i porcini e a S.Anna per le castagne, è e rimane indimenticabile. Mi toglie il fiato. In un appartamento queste cose non si possono assolutamente godere. Io uel camino non me lo scordo e nemmeno la mia nomina a fuochista. Ancora oggi quando vengo d'inverno, nonostante oramai ci sia il riscaldamento centralizzato, il camino lo accendo, e ci rivedo dentro i miei sedici anni e qualche cosa che conosco bene e non potrò toccare o sentire più. Ditemi quel che volete, non me ne frega niente.
Si dice che quando si è piccoli sia tutta un'altra cosa, che il ricordo è bello perchè diventa tutto una macchia rosa e le cose brutte si dimenticano. Non è proprio vero. Il bambino che scriveva allo zio che gli raccontava che aveva fatto l'ultima carezza da parte mia al cane Jack che avevo trovato in Padule col sedere impallinato, e che mi si era affezionato come non so che cosa, prima di regalarlo al carrozziere Faliero, che il camino era sempre acceso (mangia castagne...), che uno dei tantissimi camion con rimorchio che transitavano sull'Aurelia si era rivoltato davanti a casa (allora la variante non esisteva), questo bambino piangeva quando riceveva quelle lettere e si trovava si e no sulla sua Aurelia ideale appena a Palo Laziale, lontano una vita da Viareggio con la scuola appena ricominciata. Bene, si dicono tante cose. Quella che si cresce è un falso storico. Non è cambiato niente. Adesso si fanno gli splendidi, magari si prendono i Ray Ban, ma sì ,che fastidio quel sole! Peccato che io gli occhiali da sole non li abbia mai usati in vita mia. Eppure quel giorno dell'anno ne ho bisogno. Già, ma alla fine, perchè questo racconto proprio stasera, sabato 20 settembre del '3? Provate a indovinare. Domani sera a Roma mi toglierò i Ray Ban.